Sanremo, nazionalbipolare | Matteo Lion

Stasera ci sarà la prima serata del Festival della canzone italiana di Sanremo.
Per quanto riguarda i cantanti in gara è una delle edizioni più anomale di sempre e, forse, possiamo aspettarci qualche sorpresa.

Alcuni anni fa chiesero a Ennio Flaiano la sua opinione sul Festival e lui sentenziò: «Non ho mai visto niente di più anchilosato, rabberciato, futile, vanitoso, lercio e interessato».
Il giudizio è decisamente inclemente ma non si può negare che per anni il festival è stato effettivamente irrigidito, paralizzato e privo di modernità.
Era partito benissimo se pensiamo, ad esempio, all’ottava edizione in cui trionfò la canzone “Nel blu dipinto di blu” cantata da Domenico Modugno che diverrà la canzone italiana più celebre di sempre, con oltre 22 milioni di copie.
Poi, quando la musica ha cominciato a muoversi su altri fronti (club, live, radio libere), la cifra del Festival è diventata la nostalgia.
Per anni Sanremo è diventato un programma TV per famiglie che rincorreva un ideale di felicità e di spensieratezza di un’Italietta che non esisteva più.
Infondo la cultura nazional popolare si nutre di sentimenti semplici e duraturi.
Gli anni di “lasciatemi cantare con la chitarra in mano. Lasciatemi cantare perché ne sono fiero.”
Poi c’è stato l’impatto dei social. Il palco non era più solo quello del Teatro Ariston.
Ma il festival, e le sue canzoni, sono diventati un pretesto per una discussione perpetua su tutte le piattaforme social dove chiunque poteva essere protagonista di quel palco.
Il festival diventò la spugna che raccoglie tutto ciò che c’è sul pavimento. I social spremono la spugna per estrarre il succo della società. Ma il tutto ha contribuito a rendere il festival più contemporaneo.
Fino ad arrivare all’edizione che parte stasera con artisti che sicuramente incuriosiscono.

Sanremo rimarrà la solita festa sgangherata ma forse quest’anno ha l’ambizione di rispecchiare di più la scena musicale del paese.
Scena musicale che, a sua volta, ha dovuto scendere al compromesso di rivalutare il festival proprio perché i club dove ci si esibiva per ora sono chiusi per la pandemia.
Invece di un festival nazionalpopolare avremo un festival nazionalbipolare?

Certo, non tutto può cambiare radicalmente.
Nel 1967 Luigi Tenco prima di suicidarsi scrisse in un bigliettino: “Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda ‘Io tu e le rose’ in finale.”
La canzone era interpretata da Orietta Berti. Che ovviamente, dopo più di 50 anni, ritroviamo anche quest’anno pronta a fare fuori (almeno nella gara) l’idea che la musica sia anche evoluzione.
Almeno è coerente e infatti la sua canzone recita: “quando ti sei innamorato, da allora niente è cambiato”.
(PS: Propongo una raccolta firme per inserire una clausola nel regolamento per la quale, per decenza, non sia possibile partecipare al festival della canzone italiana dopo che si è stati l’unicorno al cantante mascherato della Carlucci. Daiiii.)

Ma ci saranno per esempio La Rappresentante di Lista, che io tanto apprezzo.
Portano una canzone dal titolo un pò retrò “Amare” che loro sostengono essere “una canzone che parla di corpi, di vita, di comunità, di una ricerca di rinascita e di un senso di libertà”. E c’è da sperare che questi corpi verranno raccontati con la franchezza con cui lo hanno fatto in passato  e in modo diretto come suggerisce la copertina del loro nuovo disco con una vagina in primo piano.
Il disco è già stato anticipato dal singolo “Alieno“, irresistibile pezzo che è quasi l’anello di congiunzione tra Donna Summer e Lucio Battisti.

Oppure la conferma del sodalizio tra Colapesce e Dimartino, i due cantautori siciliani che l’anno scorso avevano pubblicato un inedito disco a quattro mani dal titolo “I mortali“.
Ora tornano in coppia e portano una canzone su una delle poche cose che quest’anno nessun DPCM è riuscito a toglierci o a limitarci: la musica leggera, anzi leggerissima come nel titolo della loro canzone: “che si annida nei pensieri, in palestra. Tiene in piedi una festa anche di merda.”

A proposito di merda (non intesa come esclamazione scaramantica) quest’anno nei testi delle canzoni in gara se ne spala tanta: “Vince la merda se a forza di ridere riesce a sembrare credibile” canta Willie Peyote oppure “l’atteggiamento di uno stronzo” di Aiello.

Poi c’è la giovanissima Madame che nel testo recita: “Ho fatto un’altra canzone, mi ricorda chi sono”. E infatti la canzone è dedicata, senza usare ambiguità linguistiche, a un’altra donna.
Madame con la sacrosanta libertà dei suoi 18 anni sostiene: «La fluidità è il bello della mia generazione. Non solo nella musica. Anche nel genere: uomo, donna o fluido, chiunque può essere ciò che vuole.”
Durante il lockdown della scorsa primavera mi stavo facendo la barba e ho sentito per la prima volta una canzone di Madame.
Recluso forzatamente in casa ho sentito sta ragazzetta sbiaccicare: “Certe sere in cui mi manca a merda, e si che è li eh Uscire con due calici e le sciccherie.” e davvero ho capito che mi mancava a merda (e non c’è altro modo per dirlo) uscire a bere.

O i Coma_Cose che devono superare “la sindrome da Peter Pan di Stelle” – per citare una loro vecchia canzone – e diventare grandi confrontandosi con la platea mainstream del Festival. E infatti pare metteranno da parte i giochi linguistici per portare un pezzo che parli della loro coppia e dei loro alti e bassi.

Anche Fulminacci passa dal vincere con il disco d’esordio “La vita veramente” il premio Giovani Mei – Exitwell come miglior giovane indipendente dell’anno allo spettacolo meno indipendente di tutti. E sembra quasi una contraddizione, che forse lui può affrontare con semplicità come quando cantava: “odio gli artisti, i narcisisti ma sono un pazzo di me“.

E questo sovvertire le regole del Festival lo incarnano anche gli Extraliscio nati con l’intento di rendere il liscio la world music italiana. Da anni stanno girando club e teatri d’Italia con uno show tra teatro e musica. Elisabetta Sgarbi su di loro ha girato un documentario.
Praticamente uno spin-off. Sicuramente underground. E giustamente hanno anticipato che la loro canzone “parla dei contrari, dei rovesciamenti, delle rotazioni, di tutto quello che un giorno trovi così e il giorno dopo può essere cosà”.

E quindi stasera mettiamoci comodi e vediamo se in effetti Sanremo sarà ….. non più così, ma cosà.

Matteo Lion