Reminiscenze di una lunga estate | Alberto Guizzardi

Se il tempo è uno spazio aperto, siamo noi essere umani a scandirlo per fasi temporali.
L’estate ormai invade le altre stagioni smarginando i limiti che il calendario imporrebbe.
Sebbene le piogge di questi giorni anticipino l’istante in cui quello che è stato verrà archiviato alla voce ricordi, con la successiva necessaria rielaborazione per riportarli in superficie, rimane l’opportunità dì tirare le somme quando la materia è ancora calda.

Se di tanto si potrebbe parlare, mi limito a trattare gli argomenti dal punto di vista a me più caro.

È stata l’estate di Barbenheimer, la combo Barbie Oppenheimer uscita nei cinema lo stesso giorno in tutto il mondo, con poche eccezioni tra cui l’Italia, che ha creato un hype mediatico mai riscontrato in precedenza.
Due film apparentemente così diversi si sono nutriti l’un l’altro, spingendo il loro pubblico di riferimento a mettere da parte i propri gusti personali e pregiudizi e affrontare la visione di entrambi.

Se il fenomeno è da considerarsi probabilmente irripetibile nel meccanismo che ha scatenato, ha però riportato la sala a luogo primario, Agorà moderna, dove condividere un’emozione collettiva non limitata alla sola visione di film Marvel, che hanno comunque diritto di esistere, al di là di polemiche sterili di celebrati registi invecchiati male.

Se però il pubblico accorre per vedere una feroce satira sul patriarcato sotto le mentite spoglie di una commedia sulla bambola più famosa del mondo e un saggio di cinema sulla natura umana, divisa tra il desiderio di conoscenza e sui suoi nefasti effetti, non possiamo far altro che rallegrarci di fronte al desiderio individuale di evolversi e di non essere solo un fruitore passivo di contenuti.

Alberto Guizzardi
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