Very wonderful! | Claudia Vanti

È passato più di un mese e non abbiamo ancora compreso bene l’enorme valore comunicativo della sciagurata campagna Open to meraviglia.

Premessa:
La suddetta è talmente incommentabile, graficamente e concettualmente misera, dozzinale, con una povera Primavera che, sciattissima in completone di triacetato greige o travestita da gondoliera a Napoli, mangia la pizza con i gomiti sul tavolo e lo sguardo inconsapevolmente basito del “che ci faccio qui”, che, quindi non ha proprio senso considerarla; né, tanto meno occuparsi della contro risposta piccata dell’agenzia, scritta evidentemente nell’85, stante lo stile della missiva, e dunque lasciamola là, nei meandri dei sacchi postali dispersi.

Ma:
Lo slogan.
Open to meraviglia: il cringe in tre parole, verbo-congiunzione-complemento, la caption madre di tutti i meme da qui al 2025 (compreso) e ancora non sufficientemente valorizzata.
In realtà è un capolavoro (ovviamente involontario) perfetto per esprimere un misto di sconcerto/imbarazzo/cinismo rassegnato/incredulità utile in molte situazioni.

Ti spiegano che l’armocromia è una SCIENZA? Open to meraviglia.
Guardi le foto del Met Gala e ti senti come Anna Wintour di fronte a Borghezio vestito da guerriero celtico a Pontida? Open to meraviglia (anche se, Anna cara, questo baraccone del Met un po’ lo hai messo in piedi tu, poi è cresciuto e, come sempre accade, cammina da solo).
Giorgia Meloni che copia l’outfit del Papa? Open to meraviglia.
Tornano di moda i leggings, pure stampati  (grazie Gen Z, ti vedo molto creativa ma non era il caso)? Open to meraviglia.
I Millenial rispondono in maniera veemente con gli skinny pants?  Open to meraviglia. E anche un po’ scontro di Titani, direi.
Potrei continuare all’infinito, ma basta, per ora.

Del resto nel 1996 Miuccia Prada ci ha spiegato le regole dell’ugly chic (no, non quello di Ugly Betty), un mix di colori stonati, nel senso letterale del termine, modelli ritenuti, viola abbinati a verdi avocado «che si libravano da qualche parte tra le sfumature della melma e della muffa», e marroni sporchi e fangosi. Il risultato un nuovo cliché che ha fatto la storia della moda e arricchito le conversazioni quando non si sa come commentare.

E allora chi siamo noi per ribellarci al cringe-chic (Le cringe, c’est chic: attenzione, Nile Rodgers! FREAK OUT!) e al meta-cringe (ma sì, diamogli pure una dignità da sottocultura, o perché no? da controcultura) .

Va bene così: Open to meraviglia.

Claudia Vanti