Quello che (non) so di te | Alberto Guizzardi

Lo sguardo si abbassa, come se la notizia ricevuta fosse qualcosa di già conosciuto, la tristezza è evidente, poi il viso si ricompone come se niente fosse successo.
La scena, emotivamente coinvolgente, arriva nell’ultimo episodio di “”White Lotus”, serie che, con la seconda stagione, è arrivata alla sua consacrazione come una delle migliori produzioni degli ultimi anni.

L’idea è semplice: un gruppo di turisti arriva per una settima in un resort, l’anno passato Hawaii, questo Sicilia, li segue nelle loro interazioni che via via tendono a complicarsi e deteriorasi, fino ad arrivare al punto che qualcuno ci lascerà le penne.
Lo spettatore sa dall’inizio che qualcuno è morto, ma non chi, e il dipanarsi delle tre storie principali porta a credere che possa essere chiunque.

La sospensione dalla routine quotidiana che avviene durante un periodo di vacanza porta le persone a comportarsi in maniera differente; essere in un luogo estraneo e meravigliosa aiuta a estraniarsi dal piano di realtà e fare emergere il proprio inconscio.
Come gli effetti imprevedibili della natura, i personaggi agiscono più per istinto che per razionalità.

La Sicilia non è solo lo sfondo da cartolina ma alimentatore degli eventi e qui va per una volta il plauso a una produzione americana che non tratta il cast italiano da semplici figuranti e che evita i soliti stereotipi (l’unico che potrebbe essere tale è un clamoroso omaggio a “L’avventura” di Antonioni).

Alla fine il morto avrà un nome ma non tutto svelato: lo sguardo che si abbassa e rialza ci dice che la menzogna non ha bisogno di essere sempre raccontata.

Alberto Guizzardi

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