Database | Claudia Vanti

Siamo un insieme di dati, dati raccolti da noi e dati che noi stessi immettiamo nel mondo che ci circonda.
Ma i dati sono anche prodotti, scambiabili e spendibili, e noi possiamo diventare a nostra volta prodotti, inconsapevolmente sì ma anche per scelta.
È di due giorni fa la notizia della morte di Salvatore Iaconesi, hacker, artista, designer, filosofo e forse altre cose non semplici da definire nelle descrizioni dei media generalisti, sicuramente uno dei pochi in Italia a esprimersi con una voce autorevole nell’arte digitale e nel discorso che l’accompagna.

Dati, appunto, che non hanno senso in sé se non mediati, manipolati dall’azione umana di chi li raccoglie e interpreta, come nell’opera Obiettivo Datapoiesis, proprio di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, del 2019, che aggrega dati provenienti da fonti e organismi internazionali e li traduce in impulsi luminosi che raccontano lo stato di alcune grandi emergenze: si delinea così una figura umana creata da molteplici luci rosse che, per esempio, segnalano il livello di povertà nelle varie parti del mondo.
Se un giorno questa sorta di lampada fosse destinata a spegnersi sarebbe il segnale di una raggiunta non necessità di produrre questi dati, e quindi una sconfitta della povertà reale e non annunciata (semicit.).
Utopico, per ora sicuramente drammatico, per quanto poetico.

Intanto la trasformazione di dati in prodotto è sempre più pervasiva e palese tanto che anche chi sui prodotti, di lusso in questo caso, ci lavora si ritaglia uno spazio per prenderci in giro facendoci una breve lezione di antropologia
Pochi giorni fa si è diffuso un video nel quale Lizzo balla avvolta nello scotch di Balenciaga  (lo stesso look visto su Kim Kardashian a marzo durante la Paris Fashion week) durante uno shooting per la copertina di Elle UK.
Scandalo scandalo e Apriti cielo, Signora mia dove andremo a finire, Io questa moda non la capisco e non la voglio capire e anche Non vorrei fare body shaming ma…
Demna (il direttore artistico di Balenciaga) stupido non è, e neanche così banale – ormai a questo punto dovremmo averlo capito – da offrirci un semplice Purché se ne parli, si è preso solo lo spazio, dall’interno (mentre da un lato crea una connessione fra i volumi del passato della griffe e un futuro possibile e dall’altro rende felice il board di Balenciaga con le vendite di felpe e sneakers) per metterci davanti a una semplice evidenza: il prodotto siamo noi, il tutto sta nel esserne più o meno consapevoli.

Claudia Vanti