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LE COSE GUARISCONO, RICOMINCIANO, TORNANO | MATTEO LION

Il 29 marzo scorso, a distanza di cinque anni dal suo ultimo concerto in Italia, SOAP&SKIN (ovvero la cantante austriaca Anja Franziska Plaschg) è tornata a Milano per presentare il suo ultimo disco di cover “Torso”.

Dopo 16 anni di carriera può certamente contare su un pubblico affezionato.
Infatti il concerto alla Santeria Toscana 31 è sold-out, anche perchè è l’unica data nel nostro paese.
L’ho già vista dal vivo altre tre volte, sempre a Ferrara.
La prima volta nel 2009 quando era una degli ospiti al Teatro Comunale per il concerto tributo alla compianta Nico.
All’epoca ancora non la conoscevo.

Appena diciannovenne arrivò timida sul palco (dopo mostri sacri come John Cale, Lisa Gerrard, Mark Lanegan, Mark Linkous e Peter Murphy), si mise al piano per My heart is empty.
Appena ha cominciato a cantare ho capito subito che il suo era un talento vero e che era destinata a restare.
È tornata in città nel 2012 – tra gli alberi del Parco Massari – per un concerto emotivo sola al piano e ancora nel 2019 per un live epico accompagnata da una band di sette elementi tra fiati, archi, elettronica, batteria e percussioni.
Da allora si è dedicata a crescere la figlia.

All’inizio del 2024 è uscito il film Des Teufels Bad / Il Bagno del Diavolo (che ha ottenuto 1 candidatura al Festival di Berlino ed è stato premiato agli European Film Awards) dove ha interpretato il ruolo della protagonista e ha composto la colonna sonora strumentale.
È un film duro, macabro e potente. Racconta la storia di una donna dell’Austria del ‘700 che cade in una profonda depressione che viene scambiata per opera del maligno dalla comunità dove vive.

Quando entra sul palco milanese si siede al piano posizionato di tre quarti dando quasi le spalle al pubblico, quasi per chiarire che la carriera di attrice e quella di musicista giocano su suggestioni diverse.
Luci soffuse che creano un’atmosfera intima e potente.
Si capisce subito che sarà la musica la vera protagonista.

Il primo pezzo in scaletta, quasi provocatoriamente, è The End dei Doors, canzone che evoca il caos e la morte come antidoto dai nostri demoni interiori.
Stavolta è accompagnata da Anna Starzinger al violoncello, Martin Eberle alla tromba, Emily Stewart al violino, Martin Ptak al trombone e all’harmonium.
Che si tratti della formazione ideale lo si capisce nel successivo pezzo strumentale, Meltdown composta da Clint Mansell per il film “Requiem for a Dream”.
Per non sentire la mancanza della batteria, basta guardare come Soap&Skin suona con potenza i tasti del suo pianoforte.

Si continua poi con altre due cover sicuramente più popolari come Maybe Not di Cat Power e Mystery of Love di Sufjan Stevens.
Poi arriva una sua canzone del 2018 “This Day” che oggi risuona molto contemporanea e in linea con la crisi politica mondiale quando nel testo si chiede: “Stiamo attenti alle armi. Che dire di una nazione? Pronti a saltare?”.
Poi ancora una cover, stavolta di God Yu Tekem Laef Blong Mi composta da Hans Zimmer, accompagnata solo dall’harmonium e cantata in una tonalità altissima ma in pieno controllo della voce.

Poi il vero regalo del concerto, Goodbye dell’artista elettronico tedesco Apparat (cantata originariamente proprio da lei) e che deve la sua grande fama per essere stata usata nella quarta stagione di Breaking Bad.
Si riprende con la sua canzone The Sun seguita dalla cover della dolente Born to Lose di Shirley Bassey del 1976.
E in qualche modo questa canzone dopo anni torna a casa.
Perchè questo pezzo, originariamente intitolato “Aria”, è stato composto e cantato da Dario Baldan Bembo (ma anche dalla Vanoni) e solo successivamente riadattato nel testo per la leggendaria cantante inglese.
Si riprende con le sue canzoni, ed esattamente con “Safe With Me” in cui nel finale ripete “Nessun amore può essere al sicuro con me”.

Subito dopo suona Vater la canzone dedicata al padre che è morto proprio all’inizio della sua carriera.
L’amore per il padre effettivamente non la mette al sicuro. A metà canzone si deve fermare perché l’emotività ha la meglio e si commuove fino alle lacrime.
È un momento personale quasi “sporcato” dagli applausi che lei tenta di reprimere.
Un momento di fragilità condivisa che ha reso il concerto ancora più vero.

A seguire, seguendo quasi una scaletta catartica, arriva Heal che dice “Guarire. La paura era qui vicino. Ma non lo farò più. Non ho paura”.
Sicuramente come omaggio per il pubblico italiano, accenna un pezzettino della sua canzone “Italy”.
A questo punto lascia il piano e raggiunge il centro della scena, in piedi davanti al suo pubblico.
Prima dedica a sua figlia la cover di Tom Waits Johnsburg, Illinois con il suo testo dolcissimo: “Lei è il mio unico vero amore. È tutto ciò a cui penso. Guarda qui, nel mio portafoglio, è lei”.
Ma poi si cambia decisamente registro.

La cover di Lana Del Rey Gods & Monsters è cupa e minacciosa e diventa quasi un rito sciamanico per entrare in contatto con gli spiriti della natura e del cosmo, visto che la canta guardando verso l’alto.
Segue la cover di Girl Loves Me composta da David Bowie per il suo ultimo disco prima della morte.
Si tratta di una canzone dal testo ambiguo e misterioso, e infatti Soap&Skin ne dà una interpretazione teatrale che punta tutto sulla presenza scenica.
Il set finisce con due cover tra le più amate della sua discografia.
Prima Me and the Devil di Robert Johnson – artista nero morto a 27 anni nel 1938 – seguita da Mawal Jamar dell’artista siriano Omar Souleyman e cantata in arabo.
Richiamata a gran voce da un pubblico letteralmente in delirio, Soap&Skin torna sul palco per il primo bis con la dolcissima “Pale Blue Eyes” dei Velvet Underground.
Se il concerto era cominciato dalla fine, con “The end”, termina con la sua Boat Turns Toward the Port il cui verso finale recita: “Resta qui. Rimani”.
Invece proprio su queste parole esce di scena. Non prima di aver distribuito al pubblico i tulipani che erano sul palco.

Il pubblico resta quasi sopraffatto da tanta intensità, spaesato da queste cover che hanno così poco a che fare con le versioni originali.
Un concerto ancestralmente emozionante come il profumo di neonato fatto di un mix di latte, sapone e pelle calda…. esattamente come il suo nome d’arte suggerisce.

 

MATTEO LION
Ha lavorato per anni come account per varie agenzie di comunicazione.

Dal 2010 si occupa di selezione del personale ed è Team Leader in progetti di inserimento di lavoratori con disabilità.

La musica è la sua passione, con una lente attenta alle nuove sonorità.

Altra musica | Matteo Lion

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Quella sottile sensazione di inadeguatezza, di mancanza. La ricerca delle risposte e il piacere dimenticato delle domande. Accogliere la complessità è un passo verso la consapevolezza del contemporaneo. Non siamo esseri semplici, dobbiamo assorbire e rigenerare. Siamo sempre stati arte e oggi dobbiamo saper vivere con una sensibilità aumentata.

METABOX – sensibilità aumentata è un’installazione di arte contemporanea online, dal 2010

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