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IL PASSATO COME MATERIA DI SOGNO E DI LEGGENDA | MATTEO LION

Il dizionario definisce il passato come “ciò che è trascorso” o, peggio, “non più attuale, superato”.
La psicologia ci invita a lasciarlo andare per trovare la felicità.
E se invece il passato fosse una risorsa?

Nella musica contemporanea sta emergendo una tendenza affascinante, portata avanti soprattutto da artiste donne, che rifiutano l’idea di un passato immutabile.
Per loro, la storia non è un insieme di fatti scolpiti nella pietra, ma un vasto campo di possibilità creative, inclusa l’ipotesi di ciò che sarebbe potuto succedere ma non è mai avvenuto.

Queste artiste non cercano la nostalgia, ma la riappropriazione.
Vogliono riscrivere il passato partendo non dai ricordi edulcorati, ma dalle sue ferite, dando voce a chi è stato zittito.
Il risultato è un passato rivisto, arricchito e potenziato che invade il presente e ipoteca il futuro. Sembrano fermamente intenzionate a riprendersi i fuochi di quel passato, e non le sue ceneri.
Rita Levi Montalcini giustamente diceva: “La donna è stata bloccata per secoli. Quando ha accesso alla cultura è come un’affamata. E il cibo è molto più utile a chi è affamato rispetto a chi è già saturo“.

Un esempio potente di questa rilettura visiva e sonora è Lamante con il suo meraviglioso video di Non chiamarmi bella
L’ambientazione, tra il medievale e il distopico, mette in scena una comunità interamente femminile che si protegge da un mondo rivale, presumibilmente maschile.
Il video non è solo esteticamente d’impatto, ma è un manifesto: proteggersi significa tramandare alle più giovani i valori di libertà, coraggio ed emancipazione.
Un messaggio che non è passato inosservato: il video ha vinto il PIVI 2024 (Premio Italiano Videoclip Indipendente) e Lamante il Premio Rockol Miglior Artista Emergente 2024.

Le Tarta Relena invece sono un duo catalano e hanno pubblicato da poco il loro secondo disco “és pregunta”.
Già la copertina, un dettaglio di un affresco medievale con due donne che sollevano il loro mantello, è un invito a scoprire ciò che è nascosto.
Le artiste si immergono nella storia della musica popolare del Mediterraneo, riscoprendo melodie antiche e medievali.
Cantano in spagnolo e catalano, ma arricchiscono il loro linguaggio con greco, latino, inglese e persino ladino (giudeo-spagnolo).
E c’è anche una canzone in italiano, Mille Risposte.
La loro proposta è tutta giocata sulle loro due voci – un soprano e un contralto – che emanano una qualità sacra.
Le loro ripetizioni e gli intrecci polifonici ricordano il canto delle sirene.

Ancora più radicale è il debutto del quartetto femminile di Brighton, The New Evas, con “The New Eve Is Rising”.
La loro musica è stata genialmente definita come “una insolita miscela di post-punk e Medioevo”, portando un commentatore di YouTube a scherzare: “Un ottimo album per i ragazzi indie del Medioevo.”
Tamburi, flauti, e le loro tuniche a maglia sono un chiaro riferimento a quel periodo.
Ma il loro manifesto musicale va oltre: la traccia d’apertura si spinge fino ai tempi delle religioni matriarcali, presentando la Nuova Eva come una figura “curiosa e libera”, totalmente in controllo dei propri desideri e della propria autonomia.
“La Nuova Eva scopa se vuole,” cantano, “La Nuova Eva dice di no se non vuole. E non c’è nessun dio a salvarti“.
Il disco è un inno alle tradizioni antiche, spesso arcaiche.

La canzone Mary, sorretta da una melodia all’armonica, è stata composta dopo che la band aveva partecipato alla Settimana Santa di Madrid, una celebrazione religiosa che risale a oltre 500 anni fa in cui le statue della Vergine Maria vengono portate in processione per le strade.
Nella visione della band Maria però è liberata, “emancipata, piangendo, ridendo, scalciando, splendendo e danzando ai confini del mondo”. 
Nel disco c’è la bellissima canzone The cow song che loro stesse hanno definito un canto da pastore. 
Si sono ispirate all’antica tradizione svedese delle “fattorie estive” gestite dalle donne e dal loro kulning, un ancestrale canto-richiamo usato per comunicare con il bestiame attraverso le valli.
Il kulning era il modo per comunicare agli animali che era ora di tornare a casa perché stava per farsi buio.
È quasi sorprendente ritrovarlo in un disco del 2025 e diventa un vero e proprio atto di ri-significazione.

Queste artiste, spesso lontane dal mainstream, stanno tuttavia tracciando una tendenza che si insinua in vari modi.
Basti pensare a Rosalía, la cui traccia Berghain del suo nuovo album “LUX” usa sei battute di violini della London Symphony Orchestra, creando una sintesi contaminata di avant-pop, modern classical e musica sacra.

Queste musiciste sfidano il dogma che la storia sia fissa.
Per loro, il passato (anche musicale) non è una registrazione imparziale degli eventi, ma una proiezione infinita di punti nello spazio, una tela bianca su cui ricamare nuove possibilità creative.
Raccontano la storia arricchendola con le loro emozioni, le loro convinzioni moderne e le loro aspirazioni future.

Il passato, in queste mani, non è un peso, ma un potenziale infinito.

fonte immagine >>>

MATTEO LION
Ha lavorato per anni come account per varie agenzie di comunicazione.

Dal 2010 si occupa di selezione del personale ed è Team Leader in progetti di inserimento di lavoratori con disabilità.

La musica è la sua passione, con una lente attenta alle nuove sonorità.

Altra musica | Matteo Lion

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Quella sottile sensazione di inadeguatezza, di mancanza. La ricerca delle risposte e il piacere dimenticato delle domande. Accogliere la complessità è un passo verso la consapevolezza del contemporaneo. Non siamo esseri semplici, dobbiamo assorbire e rigenerare. Siamo sempre stati arte e oggi dobbiamo saper vivere con una sensibilità aumentata.

METABOX – sensibilità aumentata è un’installazione di arte contemporanea online, dal 2010

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