Un esercito di me | Matteo Lion

Qual è la canzone che vi ricorderà per sempre la pandemia da Corona Virus e il lockdown?
Ho provato a lanciare il sondaggio dai miei social.

Il mio amico Matteo si è fatto conquistare dal nuovissimo “Can’t do much” di Waxahatchee, uscito proprio a metà Marzo. Una traccia che l’autrice ha definito “una canzone d’amore con una forte dose di realtà“.
E infatti alcuni versi possono suonare perfetti per l’isolamento in casa:  “In my loneliness, I’m locked in a room. When you see me, I’m honey on a spoon. Do you think that you were reading my mind? My uneasiness materialized. I’m waiting all the time sanity nullified”

La mia amica Laura mi ha indicato “Signs” del gruppo canadese Five Man Electrical Band direttamente dai primi anni ’70.  Forse perché la canzone parla di cartelli dove sono riportate indicazioni su cosa ci è concesso fare? Non ho idea.

Il mio amico fraterno Paolo ricorderà la pandemia con “Gloria” di Laura Braningan perchè parte della colonna sonora del film “I, Tonya” cha ha recuperato durante il lockdown.

Il mio amico cuoco Fabio si è isolato con la nostalgia di Lana Del Rey e la sua “Norman fucking Rockwell“.

Il mio amico Pietro mi ha segnalato “Adesso” di Diodato ft. Roy Paci, che a dispetto del titolo parla di speranza e futuro:  “Dici che torneremo a guardare il cielo? Alzeremo la testa dai cellulari?”.

Alberto, altro co-autore di questo blog, si è fatto compagnia con il classicone dei Beatles “The Long and Winding Road” e i suoi versi: “Non lasciarmi qui in attesa, conducimi alla tua porta”.

Sarei davvero curioso di sapere quali sono le canzoni che, per un motivo o per l’altro, sono diventate la vostra colonna sonora di questi strani tempi.
Mandatemi una mail con titolo e motivazione. Ne faremo un bel elenco e magari una playlist per Spotify.

E io?
Vi devo confessare che vivo solo, in una casa molto piccola. La musica è forse la mia passione più grande.
Eppure, sembrerà strano, ma non ne ho ascoltata molta.
Soprattutto non ho ascoltato musica nuova.

L’unica eccezione l’ho fatta per il disco di Fiona Apple, “Fetch the Bolt Cutters“.

Ascoltare musica nuova è una spinta troppo forte verso il futuro.
È una specie di rinnovamento.
Mi sembrava di sprecare una canzone nuova per stare in 30 metri quadrati a guardare fuori dalla finestra.Ho letto molto invece. Anche la prima graphic-novel della mia vita, per dire.
Oltre a leggere, mi sono riempito le giornate di mille attività.
Corsi di fitness, corsi di yoga, sperimentato ricette, cambiato guardaroba, non ho mai smesso di lavorare in smartworking, aperitivi e cene su Zoom e ho pure seguito dei tutorial su YouTube per suonare l’armonica.
Davvero troppe cose per una persona sola.

E infatti la canzone che mi ricorderà questa quarantena è un vecchio pezzo di Björk: “Army of me“, un esercito di me.
Ha una ritmica potente e aggressiva, quasi da marcia militare. Così l’ho impostata come sveglia al mattino.
Immaginate: ore 6,30. Sei a letto, dopo una notte agitata, nel pieno di una pandemia e con il divieto di uscire di casa.
Al posto del solito “drrrrriiiiinnn” arriva lei che ti canta quasi senza emozione:
“Alzati in piedi,
devi affrontare la situazione.
Non mostrerò più comprensione, mai più.
Se osi lamentarti ancora una volta,
avrai a che fare con un esercito di me”.

Per me la vita fuori casa rappresentava una via di fuga da me stesso.
Come credo lo siano state le attività (anche senza senso) che ho continuato a fare e pianificare mentre ero chiuso in casa.
Proprio per sopravvivere alla convivenza ventiquattr’ore su ventiquattro tra me, myself and I.

Un esercito di me.

Matteo Lion