Raccontare la moda è più difficile che farla

Ogni tanto capita di accorgersi di come la stampa italiana sia lontana da un racconto corretto degli argomenti che tratta, e non è (soltanto) una questione deontologica ma anche linguistica e di competenza: termini approssimativi e generici, semplificazioni e anacronismi (dal “popolo del web” al “popolo delle discoteche”, per capirsi).

La moda non è immune da questa sciatteria, purtroppo. Mancano le parole, evidentemente.

Senza pensare necessariamente a discorsi di grande respiro e alle interpretazioni dei concept creativi che servono a far vivere qualsiasi collezione o sfilata, è spesso sulla banale quotidianità delle descrizioni di abiti e materiali che si verificano gli “incidenti”.

“Abito in lamé”: “No, mi rincresce farti notare che sarebbe un velluto. Un velluto panné (è molto luminoso), ma sempre un velluto è”.
“Top ricamato” (“E’ una stampa”), “Gonna in chiffon” (“Ma no, è tulle” – “Sì, ma è lo stesso” – “ No”)

Esistono problemi più gravi dell’approssimazione, per di più in un ambito ontologicamente frivolo quale è la moda (o forse no), ma è triste leggere il pressapochismo che schiere di bloggers e redattori certificati da regolari contratti veicolano, per quanto sempre insieme a un diluvio di it wordsinternazionali e un po’ banali: “must have”, “style icon”, “fashionista”, “trendy” (aiuto!)…con moderazione. Molta, please.

Io ho una passione non tanto segreta per un redattore di Vogue America (eh sì, la “Fashion Spectre” ha un alto livello professionale, bisogna farsene una ragione), Hamish Bowles, un vero Englishman in N.Y., dandy raffinatissimo e britannicamente eccentrico di cui non sempre condivido i giudizi ma lo stile, anche di scrittura, sì.

Qualche tempo fa ha accompagnato un’amica designer in giro per l’Italia ad incontrare laboratori, aziende e artigiani durante la costruzione della propria collezione, e pare facesse a tutti domande precise sulle tecniche e sui materiali, sui ricami e sulle pelli…un po’ su tutto, insomma.

Ecco, sono sicura che Hamish mi saprà sempre distinguere un à jour da un punto smock.

Claudia Vanti