Pensieri sull’identità | Alberto Guizzardi

Parto da un pensiero di Heidegger:
“Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca”.

Ciò che più mi ha colpito nella vicenda di Facebook e dell’utilizzo dei dati sensibili in maniera più o meno illecita non è tanto il fatto in sé, perché ammettiamolo, chi non era a conoscenza che che questi venissero trattati per fini commerciali o addirittura manipolatori?
Quello che più mi colpisce è che ormai la nostra rappresentazione narcisistica della realtà, dove ormai l’immagine è assolutamente più importante di quello che siamo, rende il gioco più facile.
La sensazione è che partecipiamo incoscienti al grande ballo senza porci grandi perché.

L’idea è che ormai abbiamo smarrito il senso della nostra identità.
Tutte le rivoluzioni che siano tecnologiche, industriali o informatiche hanno portato alla rinuncia di una parte di noi.
L’individuo, che in generale deve fare già i conti con uno scollamento tra io e sé sempre più marcato dove l’immagine è più importante della sostanza, sembra ormai naufrago in questo mare.
Non so quali sono i mezzi per fermare tutto questo e forse non è giusto né possibile fermarlo.
Credo però che il rischio sia di abdicare intellettualmente lasciando ad altri le decisioni pensando ancora che siano le nostre.
È come lanciare un sasso nello stagno e rimanere inebetiti a guardare quanto è bello il gioco delle onde.

Alberto Guizzardi

foto: Andrea Ferrato