Nuovo anno | Claudia Vanti

Il primo anno “is the New Capodanno” e lo sanno tutti.

Invece dei buoni propositi e delle “to do list” proporrei una lista delle cose da evitare, perché fastidiose per chi, per esempio e non proprio casualmente, ha a che fare con vestiti et similia.

Perché, se non lo si sapesse, siamo anche all’inizio di un nuovo, inesorabile, imprescindibile, schizofrenico fashion month, e ciò costringe a passare molto tempo sul web in lunghe sessioni di scorrimento di foto. Molto più tempo del solito moltissimo, cioè.

E dal magma a volte un po’ indistinto di immagini e parole emergono i commenti pungenti – ma neanche tanto – che ci fanno soffrire, o, peggio, domandare che diamine stiamo ancora facendo.
Tipo che forse con il passare degli anni, quando non dei decenni, qualcosa nel meccanismo collezioni-sfilate-modelle-foto-stampa-campagne pubblicitarie si potrebbe cambiare, che nella stragrande maggioranza dei casi siamo ancora a dei modelli di progettazione/presentazione figli degli anni ’50.
E no, i fashion blogger (quasi sempre “le” fashion blogger, ormai, evoluzione dell’aspirazione al presenzialismo delle fanciulle italiche) non rappresentano una novità epocale.
Quelli bravi sono di fatto dei giornalisti, gli altri sono inutili.

Ma torniamo dunque alle questioni da non sollevare:
Le taglie: ormai tutte le taglie sono sdoganate. Le modelle fa più comodo che siano magre, quindi più uniformi, meno modifiche da fare sugli abiti per farli stare – si spera – bene.
In più adesso Kering (forse altri seguiranno) ha messo il veto alla taglia 36. Su, non parliamone più.

I prezzi: alti, altissimi. Oltre a ripetere che la qualità ha un prezzo e che non è obbligatorio comprarsi 10.000 capi inutili, i prezzi derivano anche da costi di distribuzione pesanti che non è nel potere di nessuno di noi modificare.
E, diciamolo, i costi di distribuzione pesano parecchio su tante altre merci, ma ce ne accorgiamo meno, e forse è meglio non sapere quale sia il valore reale, che so, di un pacco di biscotti. Potrebbe essere molto basso, troppo basso.

Chi se li mette (certi vestiti): qualcuno se li mette, don’t worry.
Anche quelli che sembrano fatti solo per fare scena-spettacolo-comunicazione-immagine.
A scorrere i risultati delle vendite si hanno sempre delle sorprese, e per certi abiti basta anche un solo cliente, purché sia quello giusto.

Gli stilisti sono pazzi: è vero.
E lo saranno sempre di più, ma non nel senso che si pensa li spinga a creare abiti improponibili, ma perché, districandosi a fatica fra marketing, bilanci e scadenze a ripetizione saranno sempre più nevrotici.
C’era una volta il creatore che passava mesi a Marrakesh e poi tornava e faceva cose ispirate. Non più, quel dommage!

Intanto, dalle prime passerelle, Tom Ford (uno che sa come ci si diverte malgrado gli impegni) ci ricorda che entrare allo studio 54 era meglio che rimanere fuori, al di qua del mitico cordone di velluto: le disco ladies si divertivano moltissimo, e davano l’impressione di sapere benissimo quando indossare gli abiti più sexy mai visti.
Carissimo Tom, sarebbe bello se per questo bastasse una giacca di velluto fuxia o un paio di sandali legati alla caviglia.

Claudia Vanti