Non ho niente da mettermi | Claudia Vanti

Finisce la quarantena, o vogliamo fingere che sia finita, e non ho niente da mettermi.
Niente per l’occasione, niente di nuovo (nuovo?), che i negozi sono rimasti chiusi fino a ora, con le loro tristi vetrine che malinconicamente chiuse ci hanno ricordato una realtà possibile o parallela.

I più intraprendenti le hanno continuamente aggiornate, le vetrine, consapevoli di fornire un servizio a chi, durante qualche rapida uscita, prendeva mentalmente appunti sui capi da acquistare, forse, in seguito e sicuramente in saldo.
I saldi, l’unica certezza di una stagione incertissima: se neppure i saldi riaccenderanno la voglia dell’acquisto irrefrenabile sarà:

  1. un disastro economico (l’ennesimo)
  2. uno sconvolgimento dello status quo vestimentario e non solo, probabilmente non il peggiore
  3. l’origine di vetrine ancora più tristi e malinconiche a settembre, con esposizione di cartelli propiziatori in colori sconsiderati. Un ulteriore guaio (estetico) per le nostre città.

Ma intanto continuo a non avere niente da mettermi e non ho neppure impiegato il quarantine time per nessuna attività che attualmente sia ritenuta socialmente meritoria: niente panificazione, niente biscotti, ricette uzbeke, distillati artigianali di geranio, pizzi al tombolo, uncinetto, corsi di legatoria online o riparazione di elettrodomestici del 1954.
E neppure creazione di abiti (nuovi) a centimetro zero.

A questo punto non esco.

Claudia Vanti