La morte del cinema italiano | Alberto Guizzardi

La morte è avvenuta in circostanze ancora da chiarire ma sicuramente avvenuta dopo lunga agonia, tenuta strenuamente segreta dai parenti più cari.
L’epitaffio è già stato scritto per il cinema che aveva incantato il mondo ed ora ridotto a pallido ricordo.
I maestri via via ci lasciano (Bertolucci, Taviani tra gli ultimi) e i presunti nuovi arrancano.
Il mondo è cambiato e pure la fruizione del prodotto filmico si è frantumato in tante declinazioni.
Il cinema nella sua concezione storica (il film visto in una sala )si è dovuto ancora una volta riposizionare anche grazie al mercato sempre più globalizzato dove quello cinese è diventato spesso la salvezza di molti blockbuster andati male negli Stati Uniti.
Un mercato che si rispetti deve avere un buon bilanciamento tra import e export: un buon prodotto nazionale supportato da quello estero.

In Italia tragicamente non è più così ; i film italiani non se li fila proprio più nessuno, probabilmente perché non sono più in grado di raccontare storie, evidenziando una palese carenza di idee.
La Moda imperante dei remake di film di successo di altri paesi ne è un esempio, (Domani è un altro giorno, L’agenzia dei bugiardi gli ultimi usciti), non si hanno idee e si ricicla il già fatto.
Quei pochi chiamati maestri steccano con strampalate idee come Sorrentino che forse ancora folgorato dall’esperienza televisiva di Young Pope propone un film in 2 parti di quasi 4 ore di cui un’ora abbondante praticamente inutile e con la sensazione finale che sia stata fatta questa scelta per tirare su più soldi.
Le commedie italiane escono a getto continuo con un totale disinteresse salvate solo se è presente Paola Cortellesi o Fabio De Luigi nostri nuovi campioni (o campiocini)
La sensazione  è che, soprattutto nella commedia, non si riesca più a raccontare il bel paese; l’unico che l’ha fatto è stato Zalone ed è stato ripagato con colossali successi .

Infine  abbiamo film di genere che si perdono in maldestri scimmiottamenti delle serie televisive ormai diventate padrone del campo o quelli di autore penalizzati dall’aura di essere troppo impegnati e che fanno scappare il pubblico (vedi i pur belli Lazzaro felice e Dogman).
Facile dire che un cinema senza idee è la rappresentazione di un paese che le idee le ha perse da lungo tempo, dove un dibattito su qualunque argomento è completamente appaltato ormai ai talk show di cosiddetto “ampio respiro” e poca sostanza.
In un paese che si rispetti tutto questo non succederebbe, il cinema avrebbe la sua funzione sociale, divertendo e facendo pensare, istruire e anche provocare.
Già, in un paese che di rispetti…

Alberto Guizzardi