La famiglia è il luogo dove tu ti senti a casa | Alberto Guizzardi

Un padre e un figlio, dediti a piccoli furtarelli nei supermarket, trovano una bambina che gioca infreddolita in una terrazza; l’avevano già vista lì ore prima e cosi decidono di portarla a casa loro.

Si apre così il sipario sui personaggi del film di Kore’eda Hirokazu “Un affare di famiglia“ composta da marito e moglie, la sorella della moglie, una nonna, un figlio.
La nuova arrivata dopo qualche dubbio iniziale viene inserita e accettata come nuova figlia senza porsi tante domande sulla liceità dell’operazione.
Tutti vivono alle spalle della nonna, grazie alla sua pensione, ma questa in cambio ha la compagnia di qualcuno per non farla sentire sola.

Mentre il film procede Kore’eda semina indizi sulla reale struttura famigliare facendoci pian piano capire che molti di quei legami sono solo apparenti.
Potrebbe essere la solita opera su una famiglia disfunzionale ma la differenza è che qui non c’è niente di disfunzionale: lo spettatore ha davanti a se un nucleo di persone che pur vivendo nella povertà hanno creato un’entità di armonia che permette a ognuno di andare avanti.
Un luogo che potremmo definire come piccolo mondo utopico dove i legami si scelgono e per questo motivo devono per forza essere più forti.
L’utopia si dovrà prima o poi scontrare con la realtà ma quello che è stato seminato non potrà essere più distrutto.

Nella sua quieta andatura questo film ci dice tante cose sulla famiglia, sulla sua universalità, libera dagli schemi prestabiliti dalla società.
Si sente forte la necessità di riappropriarsi di un termine lasciato nelle mani di bigotti pensatori in opposizione a tutto ciò che sia diverso e invece deve essere di tutti perché “Famiglia” è una parola universale che parte dall’individuo fino a farsi entità multiforme e in continua trasformazione.

Alberto Guizzardi

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