Jack Frusciante è uscito dal gruppo | Matteo Lion

Alla maggior parte delle persone piacciono le feste, le celebrazioni e le attività di gruppo di ogni tipo. C’è però anche una limitata parte di persone che si sente a disagio in queste attività di gruppo e in quelle occasioni pensa solamente: “Quando posso fuggire?”

Io sono una di quelle persone.
Non mi sento mai “davvero” parte di nulla. Forse è questo il problema, non riesco mai a sentirmi coinvolto in un gruppo. E più i gruppi sono numerosi, più il disagio aumenta.
Avverto un sentimento (anche snobistico, lo ammetto) di alienazione.
È come mancasse qualche ingrediente vitale che tutti gli altri sembrano avere.
E questo sentimento di mancanza sta lì, sotto la superficie, facendovi sentire al di fuori e in più in occasione di eventi sociali, festività o celebrazioni condivise.

Esattamente come quando Calcutta canta: “Ho fatto una svastica in centro a Bologna ma era solo per litigare.
Non volevo far festa e mi serviva un pretesto”.

E realizzo che molti artisti che mi piacciono finiscono per essere poco inclini ad accettare le dinamiche del gruppo, anche se di fatto ne fanno parte.
Ne posso contare molti sia nella musica sia tra gli scrittori il cui lavoro mi fa dire: Oh questa persona capisce le sfumature della narrazione sociale di una persona “strana”.

La stessa Sinead O’Connor non è mai stata a suo agio ed è sempre stata critica nei confronti dei gruppi sociali di cui era di fatto parte. Sia che si parli degli irlandesi, delle persone sposate, dei genitori e figli, dei cattolici etc… Lei è sempre stata l’elemento di disturbo, di critica. E sono certo che anche la sua ultima conversione all’islam ci riserverà delle sorprese.
Anni fa onestamente cantava:
“Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare
Il coraggio di cambiare le cose che posso
e la saggezza di conoscere la differenza.
Mi sento così diversa.”

Anche Lucy Dacus quest’anno ha pubblicato, in occasione delle festività principali, delle canzoni ispirate da questi eventi. Dopo San Valentino e la festa dell mamma, la scorsa settimana ha pubblicato la canzone “Forever Half Mast” per il 4 Luglio.
Negli Stati Uniti il 4 Luglio si festeggia il Giorno dell’Indipendenza, ricordando il giorno in cui nel 1776 i rappresentanti delle 13 colonie britanniche firmarono la Dichiarazione di Indipendenza.
È festa nazionale e in ogni città ci sono fuochi d’artificio, concerti, parate e festeggiamenti vari. Quest’anno poi è stato celebrato con un evento speciale chiamato “Salute to America” fortemente voluto dal presidente Donald Trump che lo ha trasformato in un evento istituzionale ma anche un comizio politico e una stucchevole parata militare.
Se la festività per gli elettori di Trump è stata un’opportunità per mostrare orgoglio patriottico, per Lucy Dacus è stato il pretesto per riflettere cupamente sui capitoli oscuri della storia della nazione.
E infatti dice: “C’è una dissonanza quotidiana che vivo come americana in cui molta della nostra gioia è contrapposta alla vergogna, dove gran parte del nostro orgoglio vive in tandem con l’ingiustizia e la sofferenza.”Forever Half Mast’ parla della difficoltà di affrontare questa inevitabile colpevolezza come cittadina e consumatrice americana.”

E infatti il testo della canzone dice:
“Sei preoccupato di finire all’inferno
Per tutte le vite che non puoi salvare
Per tutti i soldi che sprechi
Per tutto il bene che butti via.
Sì, sei cattivo ma non sei così male
Hanno sbagliato quando hanno detto “dimenticare il passato”
Lascia volare la tua bandiera a mezz’asta per sempre.”

Anche la sua amica Julien Baker, con la quale ha formato il super gruppo Boygenis, nella sua nuova canzone “Conversation Piece“, canta:
“Dio, è così difficile essere visto
Penso che mi piacerebbe essere invisibile
Diventare  tutt’uno con la carta da parati del salotto
Alla tua festa
Non mi dispiacerebbe scomparire.”

Ma forse aveva ragione Andy Warhol quando diceva: “A una festa devi solo essere divertente, non devi essere sincero.”
Che dura la vita.
Vogliamo tutti distinguerci in qualche modo, ma vogliamo anche adattarci: sentirci parte, essere parte di una comunità o essere parte di qualcosa di più grande di noi stessi.

Matteo Lion
foto: Andrea Ferrato