Infrazione di passi | Alberto Guizzardi

Nel gioco del basket il “passi” è un’infrazione che commette un giocatore in fase di attacco: solitamente marcato stretto da un difensore, nel tentativo di liberarsi fa tre passi senza palleggiare e scatta l’infrazione.

Semplificando si commette un errore per troppa pressione altrui.

Mi sembra una metafora utilizzabile anche nella vita quotidiana quando, ad esempio, prendiamo delle decisioni sbagliate in partenza perché, indecisi sul da farsi, finiamo per andare nella direzione che ci viene con più forza proposta, semmai la peggiore strada che possiamo prendere.

I comportamenti indotti sono una delle cose più funeste che ci possono capitare perché, pur essendo decisioni che apparentemente prendiamo in nostra autonomia, nulla ci toglie il tarlo dell’avvenuta costrizione.

La psicologia ha trattato a piene mani l’argomento ma, non avendo qui la pretesa di esporre argomentazioni scientifiche, mi piace però condividere un pensiero nato dalla lettura di autori come Alice Miller, già segnalata in passato, e più recentemente Alexander Lowen.
Si tratta di psicologi che si discostano dal pensiero comune, spesso osteggiati in vita per poi essere riconosciuti (in parte) successivamente.

Ciò che ci induce a commettere quel “passi” nasce dalla nostra idea di dover comunque sodisfare in primis un’esigenza altrui perché , a prescindere, noi veniamo dopo.
Lowen in “Paura di vivere” (Astrolabio) afferma: “riepilogando possiamo dire che un modello di comportamento, una volta strutturato nel corpo, si perpetua da solo. Esso determina il nostro modo di agire e dobbiamo agire secondo il carattere “

È quindi come se a una data situazione noi rispondiamo secondo atteggiamenti già pre impostati.

Apparentemente un problema di natura psicologico, ritengo che si tratti di un argomento che ha forti implicazioni sociali considerando come un comportamento di questa natura, nascendo fallato, produce a domino situazioni sempre meno gestibili fino a esplosioni spesso non coerenti e ingiustificabili agli occhi dell’altro.

Se è vero, citando Murakami, che l’uomo è ”L’insieme delle caratteristiche che fanno di una persona quella che è”, non necessariamente dobbiamo prenderlo come dato a priori dal quale non possiamo scappare.
L’idea che il nostro carattere sia quello è che ormai non ci possiamo fare nulla è un falso.
La cosiddetta comfort zone che ci fa scegliere la strada più comoda ora, rinviando all’infinito la corretta decisione da prendere, è spesso la nostra peggiore nemica.

L’infrazione di passi non è considerato un fallo, non finisce nel tabellino del giocatore né della squadra; è solo un’azione persa o per meglio dire un’occasione persa.

Alberto Guizzardi