In equilibrio su un filo di nylon | Claudia Vanti

Equilibrismo.
La moda richiede equilibrismo, per uscirne indenni, non equilibrio, come hanno consigliato per decenni le guardiane dello stile, mentre le icone e le visionarie si lasciavano allegramente andare allo squilibrio.

Equilibrismo per addentrarsi nel campo minato dell’immagine che viene attribuita a ognuno (più spesso “a ognuna”) a prescindere dalle intenzioni e a prescindere dal racconto che ci viene proposto del “vestirsi per piacere a se stessi” e che fingiamo di accettare.
Una pia illusione alla quale mettono subito fine le forche caudine di opinionisti di tutti i tipi, dai sociologi improvvisati alle amiche del cuore.

Così si cerca di piacersi, sì, ma contemporaneamente di non sembrare sceme, noiose, sexy o suore, professionali ma non banali, originali ma non troppo eccentriche, troppo appariscenti o troppo incolori e, soprattutto, troppo belle e intelligenti, il che sarebbe imperdonabile.

Una fatica.
E tanto tempo sprecato che si potrebbe utilizzare per interrogarsi sui VERI dilemmi che ci assalgono al momento di vestirsi.

Per esempio, che ormai sta iniziando l’autunno: come comportarsi con le calze e i collant di nylon?
Sì? No? Se sì, da quando?, e come?
La “domanda moda” da un milione di dollari è quando cioè sia socialmente accettabile indossare le nere opache (ammesso che lo sia).

MAI, a guardare le sfilate e le riviste, e in più resiste ancora la leggenda metropolitana sulle donne di New York che andrebbero in giro a gambe nude per tutto l’anno, anche a febbraio e soprattutto a Manhattan, ma in realtà potrebbero essere creature mitologiche come gli unicorni se quando arriva la prima tempesta di neve i servizi tv ci mostrano solo esseri bardati come yeti.

Per contro non può neppure valere la regola delle ostriche (“mai nei mesi senza R”), troppo lassista e permissiva nei confronti delle freddolose.

E poi stanno bene o no? Quando osare le colorate, come abbinarle? “If in doubt, go without”, ed effettivamente si tratta dell’accessorio meno amato e meno utilizzato nei redazionali, e materia per ispirarsi ce n’è poca.

Quindi è giusto e opportuno dedicarvi tempo per elaborare una strategia personale:

  • Indossare le calze nere ma solo quando fa veramente freddo
  • Optare quotidianamente per stivali a metà coscia la soluzione più fashionista e, purtroppo, dispendiosa) cominciando dalle mezze stagioni e ultime sere estive, per portarsi avanti
  • Ritenere che sia di nuovo il momento giusto per fare rivivere la “bad girl” di Madonna e con ciò giustificare i collant di pizzo
  • Scegliersi un colore personale, che a quel punto è un segno distintivo e va su tutto (io per un periodo avevo trovato delle bellissime camouflages molto scure, peccato che le vendessero solo presso una bancarella di via Eustachi a Milano, poi, esaurita la scorta – sicuramente una vecchia rimanenza – finite)
  • Decidere di abbondare con fantasie e colori da abbinare ad abiti minimali e neutri o neri

e altre cose così.

Ma c’è ancora tempo per pensarci, siamo solo a fine settembre e, con un certo orgoglio, io in questa stagione ancora non ne ho indossati.
Ci penserò domani, come Rossella O’Hara, e sinceramente preferisco continuare a pormi problemi sul giusto collant che sul giusto look socialmente non sanzionabile dagli stereotipi di un’opinione comune votata al bigottismo di ritorno, anche quando travestita da politically correct.

Intanto fingiamo pure che – malgrado il ciclico perverso interesse degli stylist – le calze naturali in questo universo non esistano neppure.

Claudia Vanti