Il social equivoco

La cosa più semplice da fare, quando ci si trova di fronte ad un cambiamento che mina di modificare pesantemente una modalità consolidata, è il cercare di adattarlo e confinarlo all’interno delle regole e dei comportamenti noti.

Questo però è anche il modo più semplice per creare una distorsione ed un freno ad un percorso evolutivo dove, coloro che invece hanno capito come seguire e cavalcare l’onda, si ritrovano a dover gestire non solo il cambiamento ma anche un’anomalia configurata come un comportamento corretto.

La percezione che sia un errore considerare i social network solo come una forma di comunicazione traspare da come le piattaforme organizzate per l’espansione delle nostre relazioni veicolano i nostri comportamenti al loro interno.
Diventiamo tutti un po’ come delle aziende che devono promuovere un prodotto dove il prodotto in questo caso è la nostra vita ed i nostri rapporti sociali.

Siamo giudicati da software che “qualificano” e poi quantificano i nostri comportamenti infilandoci in una classifica che dovrebbe definire il nostro valore sociale; una specie di Auditel 2.0 dove, con l’originario, la somiglianza sembra essere principalmente nel modo empirico della valutazione.

Dopotutto se si osservano i comportamenti delle aziende in internet viene da pensare molto alla TV: stupire, attirare l’attenzione con gli stessi meccanismi della pubblicità.

Ho seguito casualmente (ci sono arrivato attraverso un tweet di qualcuno che lo stava guardando) lo spettacolare volo da 39.000 km.
Per Red Bull sono uno dei numeri che ha decretato il successo dell’iniziativa anche se a me la Red Bull continua a fare schifo.

Andrea Ferrato