Eppur si muove | Claudia Vanti

Qua è sempre più difficile.
Cioè, onestamente, come si fa a guardare le sfilate senza disagio mentre il mondo impazzisce?
Il mondo… meglio: il genere umano impazzisce, come al solito.
E poi, oltre alla guerra: la pandemia, l’ecosistema devastato, il clima manco a parlarne (sempre con le consuete responsabilità umane).
Occuparsi di qualcosa potenzialmente meno tetro sembra una pratica degna di ossimori, o almeno rende necessario scusarsi, quasi, o giustificarsi: “premesso che..”, insomma.

Eppure.

Eppure continuiamo a fare quello che sappiamo fare, che qualche segnale si può cogliere/lanciare ovunque e comunque.

1
Il tema della sostenibilità è un grande rimosso della moda che può trasformarsi in un gigantesco greenwashing da parte dei gruppi globali. In modo frammentario però qualcuno si sta muovendo e riorganizzando per evolvere il proprio modus operandi, di progettazione oltre che di produzione.
Upcycling è un’altra parola magica che rischia la sovraesposizione ma vederla applicata come nella nuova collezione di Marco de Vincenzo  rende bene l’idea di come recupero non faccia necessariamente coppia con “etico ma brutto”.
Un bel percorso raccontato anche in un libro.

2
Si fa presto a dire “solidarietà”, e a fare comunicati, a esprimere vicinanza e anche sobrietà: Ralph Toledano, presidente della Fédération de la Couture di Parigi invita a vivere le attuali sfilate con la “gravità che si impone in queste ore buie”.
Come, quindi? Vestendosi di nero? O meglio un beige che non impegna?
L’impegno lo chiede invece Not Just a Label, piattaforma di vendita per marchi poco noti, che dà spazio ad alcuni giovani creatori ucraini.
È un’area di grandi creativi, anche la Russia, che difficilmente riescono a farsi conoscere a meno di, non emigrare, e dunque, perché no?

3
Domenica prossima, 6 marzo, sfila Balenciaga , anche livestream, alle 11,30 (n.b. saranno le 12), marchio che è massimamente desiderato da Gen Z e addetti vari e che è pure diretto da un creativo di origine georgiana, Demna Gvasalia (“chiamatemi solo Demna”, dice).
Demna è fuggito dalla guerra del 1991-93, a circa 10 anni, via Ucraina e Russia verso Düsseldorf, perciò, non so, ma considerando anche il suo considerevole talento mediatico con sfilate ad alto impatto scenografico e concettuale, penso ci si possa aspettare qualcosa.
Cosa non so, ma qualcosa. Io un’occhiata la darei.

Claudia Vanti