E se la colpa fosse dei socialcosi? | Andrea Ferrato

Granitici, ogni volta che sui socialcosi scoppia qualche putiferio, in pratica tutti i giorni, ci ritroviamo compatti ad affermare che il problema è della persona, di colui/coloro che ha/hanno scatenato il caso.
Coesi nel dissociarci dall’ennesimo comportamento estremo, fastidioso, inadatto ad una convivenza equilibrata.
Difficile non essere concordi nel tenere le distanze quando il peggio dell’essere umano prende forma nei modi più beceri, svelando quella sporcizia nascosta sotto il tappeto persiano, quella gomma da masticare attaccata sotto la sedia di design, quella scritta idiota sulla colonna antica.
Si perché in fondo davanti a certi comportamenti ci sentiamo un po’ derubati di quell’equilibrio che ci sembrava inattaccabile.

“Non è che siccome ci sono determinate condizioni ti puoi comportare come un selvaggio, un animale, passando sopra a qualsiasi livello di rispetto e di civile convivenza”.

Anche se ci sono quotidianamente tanti segnali che porterebbero a pensare che in fondo non è cambiato nulla, non possiamo ogni volta ricominciare da zero e sicuramente certi atteggiamenti vanno isolati ed in qualche modo condannati.
Ma siamo così certi che i socialcosi siano così neutri?

La creazione delle reti sociali online è forse una delle evoluzioni più dirompenti e meno comprese delle relazioni umane.
Danno la possibilità di espandere le potenzialità delle persone permettendo una crescita della sfera intellettuale, delle capacità di interazione e delle qualità percettive.
Ma sono davvero questi gli ambienti social, in cui siamo tutti dentro, a permettere tutto ciò?
Capisco che certi discorsi siamo ormai abituati a pensarli territorio delle serie televisive ma i socialcosi dove siamo dentro un po’ tutti hanno un fine che è tutt’altro che social inteso come le relazioni di cui sopra..
La loro idea necessaria di social è quella legata alla presenza costante e intensiva delle persone nel loro rigoglioso giardino recintato e credo non abbia senso andare ad elencare i sistemi più funzionali per fare in modo che ciò avvenga.
La loro necessità di relazione è legata al disegno sempre più preciso di ogni profilo e anche in questo caso non credo occorra spiegarne il motivo.

Se le reti sociali online hanno davvero un ruolo per le persone, questo non può essere affidato esclusivamente a chi si occupa principalmente di utilizzarlo per incrementare gli introiti di una azienda.
Come non è pensabile di lasciare al singolo il confronto con una multinazionale in merito alla gestione dei dati personali destinati ad usi commerciali.

Grazie alla serendipity, che in un mondo diverso non suonerebbe così new age, e ad una rete di collegamenti interessanti, alla faccia degli algoritmi, sono entrato in contatto con delle riflessioni su un paio di ricerche che mi hanno lasciato obbligatoriamente pensare.

La prima è famosa, l’esperimento di Philip Zimbardo all’Università di Stanford negli anni settanta.
Ventiquattro studenti universitari tra i 20 ed i 30 anni, quindi un livello di istruzione alto, divisi casualmente in due gruppi, uno di prigionieri ed uno di carcerieri: l’esperimento fu interrotto dopo cinque giorni per la degenerazione dei comportamenti.
Lo scopo era quello di approfondire il tema della deindividuazione ossia la perdita di autoconsapevolezza e autocontrollo in specifiche dinamiche sociali o di gruppo.
Le cause principali della deindividuazione sono l’anonimato, la responsabilità condivisa o diffusa, con conseguente perdita del senso di responsabilità individuale, la possibilità di agire in gruppo.
Vi ricorda qualcosa?

Uno studio, molto più recente, realizzato da Josue Ortega e Philipp Hergovich del MIT ha analizzato la tipologia delle relazioni nate attraverso l’utilizzo dell’applicazione di appuntamenti Tinder.
L’algoritmo fa combaciare una serie di dati ma mette in contatto persone che non appartengono alla stessa rete sociale e la mancanza di condizionamenti iniziali influisce sulla forza delle relazioni che si vengono a creare, comprovata dalla minore percentuale di divorzi e di separazioni delle coppie nate con l’aiuto dell’applicazione (niente di teorico, i dati li trovate nella ricerca che ha un nome significativo: La forza dell’assenza di legami: l’integrazione sociale attraverso il dating online).
State per caso pensando alle bolle autoreferenziali in cui galleggiamo quotidianamente nei nostri socialcosi?

Andrea Ferrato