Couture esperienziale | Claudia Vanti

“Qua una volta era tutto digitale”.
Come la campagna, solo che era online.
Poi ha smesso di funzionare, ammesso che avesse mai funzionato bene, piaceva il giusto, io, il mio falegname o la figlia di mia cugina lo avremmo fatto meglio, e, soprattutto, questa digital fashion era tutta lì???

In piena sbornia da fashion weeks in streaming e da Haute Couture con le “esperienze interattive” (una definizione che già solo a pensarla meriterebbe il fulmine di Zeus fustigatore della hybris, figuriamoci a scriverla) serpeggia la delusione per Garrone a servizio della Maison Dior, descrittivo, autocitazionista, un po’ vecchiotto, ma “con una bellissima fotografia” (spoiler: i registi di cinema con la moda vanno a sbattere. Sempre); ancora più deludenti e scontati i lookbook animati – ma non vitali – in una mimesi triste delle sfilate che non ci sono, a volte con sfondi improbabili di paesaggi italici appiccicati a forza a riprese eseguite in studio. Tutto abbastanza imbarazzante.

Ma con la sfilata che non c’era è andata un po’ meglio a Prada, che ha riunito sotto il nome appunto di The Show That Never Happened 5 video di Willy Vandeperre (la cui minimale estetica belga è stata portata in dote da Raf Simons), Jurgen Teller, Joanna Piotrowska, Martine Syms e Terence Nance: molto rigore, molta convinzione nel walk dei modelli – in numero decisamente superiore a quello dei passeggeri della metro in questi strani giorni lavorativi milanesi – nessuna ironia ma almeno un progetto, per quanto minimo, nel mostrare linee e volumi in rapporto agli spazi.
E una sfilata ipercondensata nel finale a riepilogare tutte le uscite: ok il video, ma i capi si devono vedere bene e vendere. Please.

L’eccitazione di 10 anni fa, all’incirca, per i fashion video di Nick Knight, Gareth Pugh o Viktor & Rolf però non c’è, sembra tutto più dimesso, o timido.
E allora ci vuole una decisione radicale, torniamo alle origini, basta video, basta anche le sfilate, torniamo agli schizzi, ai disegni che accennano a qualcosa ma lasciano molte strade aperte, in fondo sono solo una proiezione mentale.
Chi vuole poi il vestito in sbiechi e paillettes potrà passare in atelier o cucirselo davanti al caminetto.
Io intanto ho comprato cartoncini, matite, pastelli a cera, acquerelli e pennarelli.

Claudia Vanti