Connessioni calde | Andrea Ferrato

Tra le anomalie di questo periodo annovero il ritorno del televisore nella mia quotidianità.
Abbandonato da anni anche come ingombro fisico domestico ha trovato un suo ruolo quasi salvifico dalla compressione di questi mesi cupi, una piccola valvola di sfogo .
Un solo telegiornale (quello percepito come il meno fazioso), un solo programma di approfondimento (quello percepito come il più sopportabile) e poi i film e le serie televisive, cose che una volta arrivavano amichevolmente e piratescamente da amiche e amici consiglieri ed esperti.

Ora una mole di proposte e di piattaforme sconcertante, sconcerto che si coglie proprio nel momento in cui non si ha un titolo suggerito o scoperto in qualche modo: una massa di proposte quasi inutile a meno che non si abbia voglia e tempo di testare i titoli meno improbabili, nella speranza di non firmare una cambiale di tempo con qualcosa che inizierà a deludere dalla seconda puntata.

L’inflazione di proposte ricorda l’incessante ricerca delle aziende hi-tech nel trovare modi per inchiodarci in attività online propedeutiche ad uno sfruttamento massivo di dati e attenzioni anche arrivando ad infilarsi negli interstizi emotivi rimasti scoperti (la voce di Clubhouse ad esempio).

Chiaramente per le big company non c’è molto spazio per occuparsi di ciò che veramente può interessare l’umano a meno che non abbia una stretta relazione con un ritorno economico ma il territorio delle relazioni e delle interazioni è difficilmente addomesticabile e, anche se con tempi difficili da identificare, all’interno dei quali il player di turno riesce comunque a soddisfare le intenzioni di fatturato, il meccanismo si incrina e la variabile umana tende a scendere dalla giostra verso stimoli più affini.

Forse le tanto bistrattate bolle non rappresentano quel male di cui si è parlato in maniera un po’ distopica, identificando più le persone come un gregge piuttosto che come esseri pensanti (senza nulla togliere al gregge ovviamente).
Credo le bolle possano essere dei micro social network di connessioni calde dove chi ha costruito la bolla assume un ruolo importante legato a fattori come la fiducia (costruita con la competenza, la credibilità, la coerenza) che possono arrivare senza sforzo ad essere compensati per il valore che trasmettono.

Da un po’ di tempo pago felicemente la frequentazione di una bolla, quella creata da Alessio Bertallot con la sua Casa. Lo seguo dal suo B-Side ed è da anni un riferimento indispensabile per ascoltare nuova musica, con spirito critico, con propensione alla sperimentazione e alla scoperta, con il cuore sempre collegato a ciò che ci ha portato ad ascoltare quello che ascoltiamo oggi.

Una cifra abbordabile, un contenuto certo e disponibile quando si vuole.
Un riferimento sicuro quando si vuole soddisfare un’esigenza, limitando al minimo la dispersione: la sostanza, senza fronzoli.

Oltre ad essere una strada futuribile per ambienti social sostenibili lato umano (meno lato impresa, forse) sono giardini adiacenti, non “walled gardens”, dove fermarsi dall’uno all’altro in base al profumo di cui abbiamo voglia in quel momento.
E quegli eventuali pochi euro spesi per entrare saranno un investimento in tempo e qualità con il bonus di trovare anche persone con cui condividere affinità senza doverne fare religione.

Andrea Ferrato