Chiede come va, rispondi come viene | Matteo Lion

“Come stai?”
“Sto male”
“Sei sicuro di essere John Lennon?”
“Sì”
Queste sono le ultime parole che John Lennon, l’8 dicembre 1980, dice al suo soccorritore dopo essere stato colpito da mortali colpi di pistola.

Perché rispondiamo in modo onesto alla domanda “Come stai?” solo ai medici o al personale del pronto intervento?
Con gli altri invece siamo inevitabilmente sulla difensiva.
Quante volte durante le nostre giornate l’ipocrisia diventa una comunicazione che finge di essere una relazione?
C’è un automatismo ormai implicito nella domanda “Come stai?”, un botta e risposta che richiede un poco convinto “Bene e te?”, e un secco “Bene, grazie!”.
Tutto noioso come una partita di ping pong.
Un mantra ipocrita che pare aver addormentato la società mondiale. Almeno finchè una Greta Thunberg sconvolge tutti dicendo: “non va bene per un cazzo”.

Courtney Barnett ha da poco pubblicato una b-side intitolata: “Everybody Here Hates You“.
Nel ritornello ripete con convinzione:
“Diremo a tutti che va bene
Diremo a tutti che va bene
Lo diremo a tutti, ditelo a tutti
Dillo a tutti, a tutti va tutto bene”.
Ma in realtà ha spiegato che dietro la canzone c’è: “una specie di ansia sociale che poi si trasforma in paranoia e una forma di tristezza e depressione, come quando pensi che un taglio di capelli ti aiuterà o un pasto sano ti disintossicherà, come se queste cose ti facessero sentire meglio, ma in realtà niente si aggiusterà, perciò in pratica devi dire a tutti che va tutto bene così non si preoccupano. Ma è anche ironica. Se un amico mi dicesse “credo che tutti mi odino” io direi “no, è tutto nella tua testa e tutti pensano la stessa cosa. Sono tutti troppo occupati a pensare a loro stessi per preoccuparsi di quello che fai tu. E ovviamente stavo ascoltando Jeff Buckley quando mi è venuto in mente il titolo”.
(ps. non perdetevi l’unica data italiana che Courtney Barnett terrà al Beaches Brew Festival a Marina di Ravenna dal 3 al 6 Giugno.)

“Solo perché dicono
buona giornata
ma sappiamo entrambi che non gli dispiacerebbe
Se solo mi rannicchiassi e morissi”.
Cosi Tori Amos, in “Almost Rosey” canta quella fastidiosa sensazione che si prova come se qualcuno ti sparasse in testa e poi ti chiedesse se ti ha dato fastidio il rumore.

“Come stai?
Non è la domanda più difficile a cui rispondere
Quando l’unica cosa che vuoi dire è cattiva
Non è la domanda più difficile a cui rispondere
Quando l’unica cosa che vuoi è piangere
Come stai?
Oh è difficile
guardarti e sorridere
E rispondi semplicemente, sto bene”.
Così canta Soko, in “How are you?

Allora ci si chiede quale sia il grado di dolore che ci fa essere onesti e rispondere sgarbatamente alla domanda delle domande?
Sarà un caso che quello che chiede con più sentimento “E tu come stai?” sia Baglioni devastato dal vuoto della malinconia per un amore perso.
In effetti in quel caso si scrive “E tu come stai?” ma si legge: “Merda io ancora ti penso, ma sei sicura che non ti manco mai, ma proprio mai mai mai?!”

Ma forse il problema sta proprio nella domanda, quel stantio “Come stai?”
Forse è una formula così snaturata da non poter più essere recepita come una domanda autentica.
Bisogna formulare più precisamente la domanda come fa “Cristina” nell’omonima canzone dei Baustelle:
“come stai? Che vita fai? Cosa sogni adesso?”

“Si vales bene est, ergo valeo” diceva Seneca, ovvero: “Se stai bene, ne ho piacere; io sto bene”.
Aveva ragione. Non si poteva chiedere allora “Come stai?”, figuriamoci oggi.
Non può essere una domanda. È meglio affermare “Spero che tu stia bene”.

Al prossimo Eurofestival saremo rappresentati da “Soldi” di Mahmood che cantando del rapporto col padre, ammette infastidito: “Mi chiedevi come va? come va? come va?”.
Ma lui invece di rispondere:
“Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai, Ho capito in un secondo che tu da me
Volevi solo soldi, soldi, soldi”.

Allora forse “Come stai? Hai mangiato?” sono domande banali che nessuno potrà farti mai con lo stesso vivo interesse di tua madre.
Finché ce l’hai.

Matteo Lion