Canta, che ti passa (la pandemia) | Matteo Lion

A volte mi chiedo se questo stop dovuto dal Covid19 sarà ripagato con dischi e canzoni bellissime che gli artisti avranno scritto, registrato e curato nei minimi particolari in questi tempi dilatati.
Per esempio a Dicembre uscirà un EP di Tori Amos suonato con Matt Chamberlain alla batteria e Jon Evans al basso. Erano 11 anni che i tre non suonavano insieme. Ora lo hanno fatto in smart-working: lei in Europa e loro in America in lunghe session da remoto.
Chissà se questa reunion ci sarebbe mai stata senza il Corona Virus.

Oppure mi chiedo se gli artisti, essendo umani, saranno stati depressi e la disperazione avrà preso il posto dell’ispirazione?
O peggio ancora ci dobbiamo aspettare dischi pieni di retorica da sopravvissuti, di stantia consapevolezza sull’esperienza vissuta e di come ci abbia cambiati? Ecco, speriamo proprio di no. Grazie.

Per analizzare la tendenza prendiamo ad esempio il disco appena pubblicato da Marika Hackman, registrato tra casa sua e quella dei genitori proprio durante il lockdown precedente.

Il suo disco dell’anno scorso lo avevo trovato molto ispirato, onesto e crudo nell’affrontare il tema della sessualità. Per me il video di “Hand Solo“, con le sue metafore sulla masturbazione femminile, è stato il video più bello del 2019 .

Stavolta invece si presenta con un disco di cover.
Quando si è soli e isolati, le parole degli altri ci mancano molto. Sarà stato così anche per Marika Hackman, no? Che senso ha dire qualcosa di nuovo, magari intelligente o divertente quando si è da soli?
Infondo anche tutta la storia non è che una lunga ripetizione: un secolo plagia l’altro. Il covid19 non è forse una cover della spagnola?

Il disco si apre con la sua rilettura di “You Never Wash Up After Yourself” dei Radiohead che inizia e si chiude con il suono di un noioso ronzio di mosca.
La mosca che è anche la protagonista del video della canzone.
Insomma il messaggio è chiaro. L’isolamento da lockdown è stato una merda. E noi le mosche intorno.

Per affrontare l’isolamento ci siamo inventati di tutto.
Forse Marika Hackman si sarà immaginata di essere una delle protagoniste de “il giardino delle vergini suicide” rinchiusa a forza in casa da genitori bigotti e fuori controllo in un crescendo di disperazione cupa e grottesca.
E perché quindi non cimentarsi nel pezzo portante della colonna sonora del film, “Playground Love” degli Air trasformandolo in lamento sussurrato sull’orlo della sopportazione umana.

L’attesa è il tema del ritornello di “Jupiter 4” di Sharon Van Etten in cui dice di aver aspettato, aspettato, aspettato così tanto di incontrare la persona giusta.
“Aspettare è ancora un’occupazione. È non aspettare niente che è terribile”, diceva Cesare Pavese.
Cimentarsi in una cover da un disco così recente e così osannato, fa onore alla nostra Marika.
Che non si è tirata indietro neanche di fronte a un indiscutibile classico, per altro già reinterpretato in tutte le salse, come “Between the Bars” di Elliott Smith.
Ma il testo è così calzante per quei giorni da reclusi:
“Bevi, piccola, resta sveglia tutta la notte
con tutte le cose che potresti fare
che non farai.
Bevi con me adesso e dimentica tutta
la pressione dei giorni.”
Più la vita è così amara, più il vino ci sembra dolce.
Credo che tutti in quelle giornate di primavera, dopo aver sentito gli aggiornamenti dalla diretta della protezione civile delle 18.00, si sia fatto incantare da false promesse e persuasioni seducenti che un bicchiere di vino sapeva regalare.

Anche “All night” di Beyonce è una bella scelta.
La canzone originale raccontava della volontà di riconquistare il marito dopo che lui aveva tradito Beyonce.
Quei versi “Così tante persone che conosco stanno solo cercando di toccarti. Ti bacio, mi struscio e ti tocco” suonano così diversi se immaginati inseriti nella bolla di un lockdown.
Se nell’originale la canzone era un dopo-tradimento, in questa versione sembra quasi un preludio di quello che succederà non appena il lockdown sarà finito.
Perché una coppia convivente durante la quarantena ha vissuto una “bolla” sociale priva anche di tentazioni o interferenze.

Anche “Realiti” di Grimes viene totalmente personalizzata. La versione originale era un inno energizzante e motivante: “Ogni mattina ci sono montagne da scalare / Mi prendo tutto il mio tempo”. La versione rallentata di Marika Hackman diventa quasi un mantra per autoconvincersi.

Insomma un bel disco che celebra le canzoni con le quali entriamo nel profondo della nostra essenza.
Anche nei tempi più difficili la musica può rappresentare una sospensione dalla distruttività e dal caos diventando una secondo culla in cui lasciarsi cullare.

Ecco la tracklist del disco:

1. You Never Wash Up After Yourself (Radiohead cover)
2. Phantom Limb (The Shins cover)
3. Playground Love (Air cover)
4. Realiti (Grimes cover)
5. Jupiter 4 (Sharon Van Etten cover)
6. Pink Light (MUNA cover)
7. Between the Bars (Elliott Smith cover)
8. Temporary Loan (Edith Frost cover)
9. In Undertow (Alvvays cover)
10 All Night (Beyonce cover)

Matteo Lion

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