Bric-à-brac | Alberto Guizzardi

Durante un pomeriggio a casa dei miei genitori stavo sfogliando un album di fotografie.
In quelle foto ritrovavo i miei primi mesi di vita, l’infanzia e gli anni dell’adolescenza.
Mia madre li aveva volutamente tirati fuori dalla credenza perché sa che sto facendo un lavoro di ricostruzione dei miei ricordi, in particolare quelli lontanissimi nel tempo fondamentali per capire chi siamo e come lo siamo diventati.
Improvvisamente mia madre mi ha chiesto “Cosa resterà di tutto questo quando non ci saremo più?”

Io e mia sorella siamo figli senza figli e la generazione Guizzardi, tanto cara a mio nonno che con commozione una volta mi disse che io sarei stato la prosecuzione della specie, finirà con noi.
Cosa sarà dunque delle foto, dei mobili, degli oggetti e di quella casa della mia infanzia che ne è il contenitore?
E cosa sarà dei ricordi ad essi associati che in parte sto ancora cercando e che con me spariranno?

Mi torna alla mente il monologo del replicante Roy nel film “Blade Runner” che si chiude con la frase “E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”
Anche Battiato nella canzone “Mesopotamia” si poneva una domanda simile: “Che cosa resterà di me? Del transito terrestre? Di tutte le impressioni che ho avuto in questa vita?”

Affannandomi a ricostruire il passato mi accorgo quindi che tutto ciò ha una valenza relativa, mi può servire per fare pace con me stesso, ma so già che tutto ciò si dissolverà.
Se il passato non è più e il futuro non è ancora allora perché non vivere il qui e ora senza preoccuparci che fine faranno le cose e le esperienze che abbiamo fatto?

Nel film “Nomadland”, il viaggio nella memoria, spesso dolorosa, si realizza tramite la scelta di vivere senza fissa dimora attraversando l’America con dei Van.
Tra i personaggi spicca Swankie, ormai prossima alla morte, che in un monologo, che per certi aspetti ricorda quello del replicante Roy, ricorda i dolori e le gioie vissute e le emozioni che ha provato.
Così decide di partire per l’Alaska per vedere per l’ultima volta la migrazione delle rondini, il più grande spettacolo che abbia vissuto.
Il senso alla propria esistenza è stato trovato e ciò è quanto basta, non c’è bisogno di altro.

Quelle foto, quegli oggetti, quelle suppellettili forse finiranno su un banco di un rigattiere di qualche mercatino dove qualcuno troverà un senso nuovo; quegli stessi mercatini dove anche noi ci fermiamo ogni tanto ad osservare vecchie foto ingiallite di tempi che non sono più.

Alberto Guizzardi