Rivoluzioni permanenti | Matteo Lion

Arrivata al suo ottavo disco in studio Angela Baraldi si riconferma una delle più autentiche rockeuse italiane.
Avete presente la massima: “Se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato”?
Il nuovo disco di Angela, “Tornano sempre”, la smonta.
Con ferocia.

La canzone che da il titolo al disco con onestà e cinismo ci ricorda che gli amanti tornano, come un esercito in rotta, spinti “da gratta e vinci perdenti” , “da sogni spesi o da quelli guadagnati” o “dalla paura di non tornare”.
Ma Angela non cede a facili sentimentalismi o nostalgie, perché lei canta orgogliosa: “tornano sempre mentre io me ne sto andando via“.
Perché non bisognerebbe mai tornare indietro, neanche per prendere la rincorsa.
Quando non si può più tornare indietro, è li che bisogna pensare al modo migliore per ripartire.
E in questo disco Angela ci racconta con cosa si è attrezzata per questa sua ripartenza. Ad inizio carriera cantava “vado via e non ho bisogno di molti soldi“.

Coerentemente, a distanza di anni, ci ribadisce che anche oggi quello che le serve sono gli amici. Oltre a miti e modelli che la ispirino.

Partiamo dagli amici (e complici).
Sono sicuramente i musicisti coinvolti nel progetto, tutti formalmente citati in copertina, come parte integrante del processo creativo e del “mestiere” di registrare un disco.
Citati oltre che per gli strumenti suonati (tra l’altro meravigliosamente) anche per doti o caratteristiche personali come pazienza, ostinazione e “e un bel po’ di robe indispensabili” che sono state evidentemente altrettanto utili in fase di registrazione.

Di miti, ne troviamo tanti e diversi tra loro.
Prendiamo la meravigliosa preghiera pagana “Josephine” con il suo verso potente e sovversivo: “solo i tamburi ti sanno dire che parte stare. Balla Josephine e liberaci dal male”.
È potente come una seduta spiritica e la ballerina Joséphine Baker, se si chiudono gli occhi, è li che balla intorno a noi.

Ma troverete anche Michimaus (si, scritto all’italiana!) che, a dispetto del suo aspetto da simpatico topino, “sa il punto preciso per farmi venire“.
Oppure Sue Lyon, l’attrice che ha interpretato Lolita, “carne fresca, prenotata e già istruita da una mamma cuore salvadanaio” come metafora della falsità di Hollywood, dei nostri sentimenti, della vita e, perché no?,  dei nostri sogni e desideri. E così ci si chiede spaesati: “vita bugiarda sei tu che guardi il vuoto o il vuoto che ti guarda?“.
Perché le bugie, anche quelle che ci diciamo a noi stessi, aiutano a vivere solo finché ci crediamo. E in “Hollywood babilonia”, la Baraldi cristalizza il preciso momento in cui la maschera della bugia cade per mostrare la vera faccia della  consapevolezza.
Per questo è un disco duro, proprio perché parla di auto-accettazione e sincerità verso se stessi.
È come aprire un finestra per far entrare luce e aria nella soffitta della nostra mente così piena di idee assorbite, di giudizi subiti, di esempi, di amori, delusioni e ingiustizie. E decidere cosa tenere e cosa buttare.
Un prendere-o-lasciare esistenziale in cui scegliere da che parte stare e, quindi, riconoscersi adulti.
Forse un pochino disillusi ma sicuramente più consapevoli.

Matteo Lion

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