Il futuro della memoria | Stefano Guerrini

Nel mio ruolo di docente di moda, professione che mi ha cercato, che è quasi capitata per caso e mai avrei immaginato di saper fare, e che tanto invece mi ha dato in questi anni, spesso, citando un nome, un film, un episodio particolare, mi sono trovato davanti le facce degli studenti con una chiara espressione interrogativa.

Mi ricordo una volta, molti anni fa, quindi prima che se ne ritornasse a parlare a causa del recente sequel di “Twin Peaks”, quando feci una battuta su Laura Palmer e mi fu subito chiaro che il nome non diceva nulla alla quasi maggioranza della classe. Mi è accaduto e ricapita ancora spesso, citando designer passati, icone di un tempo e così via. E qui si aprono due possibili riflessioni, una, che forse varrebbe la pena approfondire in altre sedi, anche perché si è parlato fin troppo di Millennials e quasi mi son stufato, è che risulta chiaro quanto quella, appunto, dei Millennials sia la generazione che più è esposta ad una marea di informazioni, che più facilmente può approfondire grazie alle nuove tecnologie, ma che è meno interessata a farlo.

Non me ne vogliano i miei amati bambini, come spesso chiamo i miei studenti, che poi tanto bambini non sono, ma è palese che strumenti potentissimi non vengano usati per accrescere la propria cultura, e altri più superficiali, applicazioni come Sarahah, diventano mezzi più utili per il bullismo di rete che per la conoscenza e l’avvicinamento.

Un altro aspetto che mi sta a cuore è che proprio a causa di una perdita notevole della memoria, non solo di un passato lontano, ma anche e purtroppo di quello molto prossimo, è diventato fondamentale il ruolo di chi questa memoria la preserva, combattendo il disinteresse e anzi andando, soprattutto in un ambito creativo, a creare quei giusti canali in cui il contemporaneo può attingere da ciò che è stato per creare il futuro.
Parlo non solo di spazi museali e di poli di ricerca internazionali, ma anche di piccole realtà che, con passione e dedizione, sono riuscite ad imporsi ben al di fuori del proprio ambito locale.

Un esempio lampante è l’Archivio di Ricerca Mazzini di Massa Lombarda (Ra) che, oltre ad inaugurare a breve uno spazio nuovo che accoglierà più di 400 mila capi, festeggia il suo essere nome di riferimento nell’ambito della ricerca di moda con una mostra importante che inaugura il primo dicembre dal titolo “Ricerca di Stile“.

Il famoso Palazzo Tozzoni di Imola, casa-museo dimora per cinque secoli di una nobile famiglia di provincia, donata nel 1978 al Comune e conservata nella sua bellezza e nella sua ricchezza di oggetti d’arte e di arredamento, ospiterà un centinaio di capi dal grande valore artistico, tecnico e culturale.
Gli abiti provenienti dagli Archivi Mazzini dialogheranno così con lo spazio che li ospita.

Un preciso viaggio attraverso stili, collezioni e designers capace di ben raccontare l’importanza di un archivio come questo, non un luogo lontano dal tempo, ma anzi di conservazione e di creatività, una fonte di ispirazione in continua crescita, un divenire fatto di rimandi, citazioni, sviluppi.
E una mostra come questa è fondamentale per ricordarci che la ricerca parte sempre da ciò che è stato, che l’approfondimento culturale e la memoria sono elementi indispensabili per decifrare lo zeitgeist, lo spirito dei tempi, e vederne i possibili sviluppi in un futuro alle porte.

Stefano Guerrini

foto: Andrea Ferrato